Il sito si mostra certamente modificato in tempi recenti, e le murature sono state riprese, reintegrate e rifinite nel corso dei lavori di recupero del lotto CIPE a fine anni Ottanta. Sempre a questi anni risale la pavimentazione in opera attualmente.
Le pareti mostrano un’integrazione fra banco calcarenitico e muratura. In particolare, vi sono tre archi ribassati quasi architravati tompagnati da blocchi in tufo bianco che possono far pensare a delle nicchie per presse olearie o a dei passaggi verso gli altri ipogei. Probabilmente, nella lunga esistenza del luogo, sono stati entrambe le cose. Ai lati di una di queste aperture vi è una nicchia da lucerna tipica degli ambienti rupestri e ve ne è un’altra simile in corrispondenza dell’antico accesso alla grotta. L’impianto quindi è certamente medievale.
Di grande interesse sono alcune cavità sul soffitto, interamente cavato nella roccia. Alcune sembrano effettivamente gli incassi superiori delle viti senza fine tipici dei frantoi della Puglia medievale e moderna, un altro molto grande, rifinito con molta cura, sembra essere un lucernario risalente ad un’epoca precedente la edificazione delle case soprastanti.
La presenza di un ambiente a vocazione produttiva conferma la centralità del tracciato di via Cava nella struttura urbanistica della Taranto bizantina e normanna.
(Silvia De Vitis – Nello De Gregorio)
Fonte: www.nobilissimataranto.it